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Un umile inchino, un colpetto di tosse per schiarirmi la voce e via, cominciamo. Ecco quello che ho da dirvi.

giovedì 4 aprile 2019

Un nuovo inizio

Mettiamola così: a prescindere che lo si faccia bene o male, scrivere è un dono.
È un dono perché è il modo che abbiamo per buttare fuori tutto, ma con una rete di protezione bella solida laggiù da qualche parte, all’altezza delle prime file, quando gli spettatori non sono ancora arrivati e noi stiamo ultimando le prove generali. Se si sbaglia si torna indietro e si riprova finché non siamo certi di aver detto tutto quello che abbiamo da dire. Quando ci sentiamo sicuri apriamo le porte, strappiamo i biglietti di quanti si sono nel frattempo assiepati davanti all’ingresso - uomini, donne, famiglie, dipende dallo spettacolo - e via, si parte.

Ancora: scrivere è come tenere un telecomando in mano e premere rewind se abbiamo cannato l’abbinamento della camicia con la giacca. Se vogliamo rivedere una decisione presa senza preoccuparci delle conseguenze, in altre parole.

Certo, ci sono quelli che scrivono come parlano; che non vuole essere un giudizio su come scrivono, ma sulla fretta che hanno nel farlo. Cioè, senza prima rileggersi. Ma il punto non è condannare i leoni da tastiera, è un peccato che abbiamo commesso tutti almeno una volta da quando esistono le chat, o roba simile; no, il punto è che se chi scrive del tempo ci raccontasse quello che vede, senza limitarsi a “bello” o “brutto”, capirebbe che chiunque è in grado di scrivere una storia. Ecco dove sta il dono. Scrivere è la consapevolezza che c’è sempre qualcosa che si vuole raccontare davvero.

Ecco un altro concetto a cui aggrapparsi: le metafore si sprecano, nessuno può impedirci di farlo. E la differenza tra quello che vogliamo mostrare e ciò che mostriamo realmente è la stessa che ci distingue dagli animali: si tratta di ragionare e scegliere, non di agire d’istinto. Ecco quello che, a mio avviso, scrivere non può essere: agire d’istinto. Possono esserci mille ragioni per farlo, intendiamoci, ma non  è scrivere; è un’infinità di altre cose, tutte legittime, ma non è scrivere.

Quando ho scelto di aprire questo blog è stato per raccontare l’emozione provata davanti ad esperienze dell’infanzia che tornavano a riempire gli spazi con prepotenza. Qualcosa di vivido e improvviso come le zeta disseminate nella frase precedente. Poi è successo qualcos’altro, e questo qualcos’altro adesso ha 5 anni e all’asilo le stanno insegnando a mettere insieme e a leggere le prime sillabe.

Ho sempre amato scrivere, ma quando ho cominciato a farlo in questo blog ne ho sottovalutato le potenzialità reali. Riscriverei ogni virgola dei miei post di quasi sei anni fa, lo rifarei un milione di volte. Un blog in fondo non è solo un diario senza segreti, ma è soprattutto uno specchio senza macchie, che si tratti della più piccola cagatina di mosca o della chiazza informe del tempo che scorre sul vetro e lo consuma. E ho commesso l’errore più grande di lasciare ogni cosa in sospeso.

Questo post, questo nuovo inizio, è un tentativo di redimermi, chiedere scusa per aver lasciato che la polvere si posasse sulla pagina. Lo devo ai miei vent’anni, dopotutto, e a tutto quello che sognavo, all’epoca, e che poi incredibilmente è stato.

To be continued...

1 commento:

  1. Sono estasiata nel leggerti e nell'immaginarti a scrivere. Ritrovo una freschezza vivida dei vent'anni mai realmente passati.

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