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mercoledì 15 maggio 2013

È un uccello! È un aereo! No, è SUPERMAN!!!

La saga cinematografica di Superman, iniziata con l'omonimo film di Richard Donner nel 1978 è stata, forse più di altre megaproduzioni hollywoodiane, il manifesto di un'epoca ideologicamente e concettualmente distante anni luce da quella attuale.

   Se sotto certi aspetti prettamente tecnici il film ha rappresentato un'innovativa e a suo modo realistica  commistione di più generi cinematografici - in particolare l'action e la fantascienza nuda e cruda -  nonché la pietra miliare che avrebbe segnato per sempre un certo modo di fare cinema (tra i vari premi vinti spicca infatti l'Oscar per i migliori effetti speciali), per altri il film ha ricalcato alla perfezione il sentimento di euforica spavalderia che pervadeva allora costumi e cultura di un'intera generazione tra la seconda metà degli anni '70 e la prima metà degli anni '80, negli USA prima che nel resto del mondo. Erano gli anni in cui moriva Elvis Presley, le sonde spaziali venivano liberate in cielo come colombe, nascevano icone pop senza tempo e cadeva Saigon. La gente cominciava a ballare la disco-music e leggeva fumetti di supereroi sui  marciapiedi agli angoli delle strade. I neri finivano al tappeto, Muhammad Ali li aiutava a rialzarsi e Michael Jackson ne consacrava lo spirito di rivalsa.
L'America, insomma, si sentiva invincibile e Hollywood passava da vetrina di divi bellissimi in stile anni Venti a palestra di eroi muscolosi e senza macchia.

    I cattivi, al cinema, blateravano battute scontate o venivano ridicolizzati in varie maniere. Russi e sceicchi arabi erano quelli più bersagliati, nei film d'azione come nelle commedie. Il cinema di genere supereroistico era agli albori, e l'atmosfera elegantemente camp delle storie a fumetti dell'epoca si rifletteva negli scenari stessi dei film e nel modo di tratteggiare la figura del villain di turno. 

   È in questa cornice di machismo tutto stelle, strisce e lustrini che compare Superman, sbucato dal nulla - ma anche da una cabina telefonica, o da una porta girevole - al fianco dei più deboli e indifesi, che paradossalmente sono proprio gli americani. Il mondo lo accetta da subito per quello che è, un extraterrestre piovuto da un altro pianeta e con i poteri di un dio.

   Il suo costume "è una bomba", per dirla con le parole di un passante che lo vede spiccare il volo per la prima volta. Donner e compagnia hanno il merito di contestualizzare e rendere credibile perfino l'origine della "S" sul petto  -  lo stemma di famiglia sul pianeta d'origine - una cosa di cui il pubblico sentirà appena il bisogno quasi quarant'anni dopo. La "S" non sta per "Superman" ma diventa per grandi e piccoli  la "S" di Superman, perché così suona meglio e da dove viene è solo un dettaglio. Ora è qui, tra la gente, acciuffa le pallottole al volo e corre più veloce di un treno. 

   È un figlio mandato dal padre nel nostro mondo, a soffrire con noi, a fare miracoli e ad insegnarci il bene e la giustizia... ma questa è un'altra storia. 


   Alla prossima!

                                                                                                       Marco S. Di Fonzo
   



     
   

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